Francesco Ghezzi

di Claudio Taccioli

FRANCESCO ERA UN ANARCHICO.

Dall’età di sette anni aveva provato direttamente sulla sua pelle la violenza del lavoro; insieme agli altri bambini proletari.
La sua vita, mai rassegnata, era stata una rivolta continua contro il capitale e lo Stato. Contro la guerra che massacrava milioni di proletari. Contro il fascismo.
Per organizzare la resistenza sindacale come militante dell’USI. Per dare possibilità concrete alla speranza di riscatto dell’umanità.
In lotta e in fuga dalla repressione fra l’Italia, la Svizzera, la Russia e la Germania. Dentro e fuori le galere fra compagne e compagni da aiutare e che lo aiutano nel momento di maggior pericolo. 

Adesso (1923), Francesco Ghezzi di Cusano Milanino dove era nato il 4 ottobre 1893, dopo l’ennesimo arresto, è di nuovo in Russia che lo ha accolto come rifugiato politico; anche se non mancano i contrasti con i bolscevichi. Il movimento anarchico è, di fatto, clandestino, ma lui, ostinatamente, tiene i contatti con le compagne e i compagni.  Fa l’operaio come sempre e il rivoluzionario conseguente alla sua scelta giovanile. In particolare, collabora con la solidarietà internazionalista per conto della Croce Nera Anarchica.
Nel 1929, in Russia, i bolscevichi hanno definitivamente compiuto la parabola totalitaria iniziata già pochi mesi dopo l’ottobre 1917. L’attività di Francesco non è più sopportabile e viene accusato di svolgere azioni controrivoluzionarie e di essere un «agente dell’ambasciata fascista». Come altri è internato nel campo di concentramento di Suzdal’ dentro quello che era stato il monastero di Sant’Eutimio, trasformato in galera. Ci rimane per 3 anni e si ammala di tubercolosi. 
La campagna internazionale di solidarietà costringe i bolscevichi a toglierlo dal gulag e spedirlo in esilio nel Kazakistan; con l’obbligo, comunque, di non lasciare l’URSS. Da qui, poco dopo, viene rimandato a Mosca, dove riprende il suo lavoro di operaio e la sua attività clandestina in aiuto degli antistalinisti, anche se gli sbirri lo tengano sotto controllo. Si sposa con Olga Gaake e hanno una figlia, Tat’jana. 
Nel 1936, chiede di essere mandato in Spagna a combattere contro il fascismo. Gli viene negato il permesso, malgrado le insistenze della CNT che sollecita la liberazione degli anarchici detenuti nelle galere bolsceviche e il loro invio al fronte.
Al contrario, il 5 novembre 1937 è arrestato definitivamente con l’accusa consueta di attività controrivoluzionaria nei luoghi di lavoro e di essere un sostenitore, addirittura, del nazismo. Torturato, per un mese, alla Lubianka dagli sbirri del NKVD, non cede, non confessa e non tradisce.
Il 3 aprile 1939, viene spedito nel gulag di Vorkuta oltre il circolo Polare Artico dove muore di tubercolosi il 3 AGOSTO 1942. 

Dietro le accuse paranoiche del regime stalinista, ce n’è una sola vera e luminosa. Francesco Ghezzi era, fino alla fine, un anarchico. Un rivoluzionario, un ribelle contro ogni potere e Stato. Tanto più ripugnante come fu quello sovietico

Francesco Ghezzi

Morti sul lavoro

Morti sul lavoro


MILANO – Le denunce di infortunio sul lavoro con esito mortale presentate all’Inail entro il mese di aprile sono state 306, 26 in più  alle 280 registrate nel primo quadrimestre del 2020 (+9,3%) e in linea con quelle del primo quadrimestre 2019 (303 eventi mortali). Stabile invece il dato generale relativo alle denunce di infortunio: tra gennaio e aprile sono state 171.870 (-0,3% Rispetto allo stesso periodo del 2020).

Tornando ai dati sulle vittime, a livello nazionale i dati rilevati al 30 aprile di ciascun anno evidenziano per il primo quadrimestre di quest’anno un decremento solo dei casi in itinere, passati da 60 a 48, mentre quelli avvenuti in occasione di lavoro sono stati 38 in più (da 220 a 258). L’aumento ha riguardato tutte e tre le gestioni assicurative dell’industria e servizi (da 253 a 263 denunce), dell’agricoltura (da 15 a 25) e del conto Stato (da 12 a 18). Dall’analisi territoriale emerge un aumento nel nord-est (da 51 a 66 casi mortali), nel centro (da 44 a 56) e al sud (da 62 a 87). Il numero dei decessi, invece, è in calo nel nord-ovest (da 104 a 80) e nelle isole (da 19 a 17).

L’incremento rilevato nel confronto tra i primi quadrimestri del 2020 e del 2021 è legato sia alla componente maschile, i cui casi mortali denunciati sono passati da 256 a 277, sia a quella femminile, passata da 24 a 29 casi. L’aumento riguarda solo le denunce dei lavoratori italiani (da 237 a 267) ed extracomunitari (da 27 a 28), mentre calano quelle dei lavoratori comunitari (da 16 a 11). Dall’analisi per classi di età emergono decrementi per gli under 40 (-15 decessi), mentre tra gli over 40 si segnala l’aumento nella fascia 50-64 anni (da 143 a 172 casi).

Classe operaia

Adil Belakhdim

A Biandrate (Novara), Adil, un uomo di 37 anni, lavoratore e sindacalista che stava scioperando al di fuori di uno stabilimento della Lidl, è stato travolto e ucciso da un camion che è uscito forzando il picchetto.

A Prato, si è scoperto che il quadro elettrico dell’orditoio al quale lavorava Luana D’Orazio, era stato manomesso per funzionare anche quando la saracinesca era abbassata.
Operazione fatta per recuperare tempo e aumentare la produttività.
Ovviamente a discapito della sicurezza.

A Tavazzano, vicino Lodi, degli ex lavoratori licenziati dalla FedEx Tnt che stavano manifestando sono stati assaliti e picchiati con bastoni e teaser da un gruppo composto, a quanto pare, da guardie private travestire da lavoratori.

Sul Mottarone, il freno di emergenza della funivia caduta era stato manomesso, anche qui, “per superare le difficoltà economiche ed evitare che si fermasse a lungo”.

Nel frattempo, la stampa seguita da giorni a farci sapere che i giovani di oggi sono degli sfaticati che preferiscono stare a casa e prendere il reddito di cittadinanza, anziché andare a lavorare per 12 ore al giorno e 400€ al mese.
Tesi condivisa anche da buona parte della politica tradizionalmente ostile al RDC, da Salvini e Renzi in giù.

Il punto è che, nel momento in cui sembra che ci si stia avviando ad uscire faticosamente dalla pandemia, il peggior capitalismo d’assalto ha deciso che finalmente è arrivata l’ora di tornare a fare soldi.
Tanto più che, adesso, si sente pienamente rappresentato da un governo che più vicino a Confindustria non si può.

E se per “tornare a correre” (usando un’espressione che va molto di moda in questo periodo) dovesse rendersi necessario passare sopra la vita di qualcuno, si tratterà al massimo di fastidiosi danni collaterali.

Novara, sindacalista muore travolto da un camion

Adil Belakhdim durante una manifestazione (profilo Facebook)


Si chiamava Adil Belakhdim ed era il coordinatore dei Si Cobas di Novara il giovane 37enne, cittadino italiano di origini marocchine, l’uomo morto questa mattina investito da un camion davanti ai cancelli della Lidl di Biandrate, nel Novarese. E’ accaduto in via Guido il Grande, durante una manifestazione di lavoratori della logistica. L’autista che lo ha investito poi è fuggito. A bloccarlo in autostrada sono stati i carabinieri che lo hanno portato in caserma per raccogliere la sua versione. Sul posto è intervenuto anche il 118, ma per il 37enne non c’è stato nulla da fare. Addolorate e durissime le reazioni dei vertici della politica e del sindacato. Il presidente Mario Draghi da Barcellona dove partecipa all’Evento Cercle d’economia, chiede che “si faccia subito chiarezza”.

La dinamica

Secondo la ricostruzione dei testimoni il sindacalista stava presidiando insieme a una ventina di manifestanti i cancelli dove era stato organizzato il presidio sindacale, quando è stato travolto dal camion. Prima trascinato per un tratto, poi lasciato esanime sull’asfalto. “Quel camion lo ha trascinato per una ventina di metri, il conducente non può non essersene accorto”: dicono i lavoratori che hanno assistito all’incidente. Il camion ha urtato anche altri due manifestanti, ferendoli, che si trovano ora in ospedale ma non sono in gravi condizioni.

All’origine della tragedia ci sarebbe stato un diverbio tra il conducente del camion e i lavoratori che protestavano davanti al cancello e bloccando il passaggio. Secondo quanto riferito da Attilio Fasulo, segretario generale della Cgil di Novara, che si trova sul luogo della morte del sindacalista, “i lavoratori presenti hanno parlato di una discussione perché il camionista voleva entrare a tutti i costi”. Sempre secondo le testimonianze raccolte, il sindacalista sarebbe stato travolto e trascinato per una decina di metri, fino all’altezza del passaggio pedonale: infatti nei primi minuti si era immaginato che stesse attraversando la strada.

Adil Belakhdim era rappresentante dei Si Cobas e padre di due figli. Sul posto è accorso il fratello e ci sono stati alcuni momenti di tensione. “Me lo avete ucciso ha detto lui” mentre gli altri lavoratori cercavano di tranquillizzarlo.