Il 27 maggio 1879 nacque a Borgo San Donnino (PR) Alberto Meschi, l’unico anarchico tra i 35 militari e civili coinvolti nel “processo di Pradamano” (agosto 1917) per propaganda pacifista, ben 8 dei quali erano di Schio.Dopo avere lavorato come muratore a La Spezia nel 1905, in seguito alla sconfitta di un’agitazione volta a ottenere una riduzione dell’orario di lavoro, emigrò in Argentina, dove entrò nel Comitato esecutivo della Federazione anarcosindacalista argentina, partecipando alla redazione del giornale “Organisaciòn obrera”.Rientrato in Italia nel 1911, assunse la direzione della Camera del Lavoro di Carrara, capeggiando le proteste dei cavatori aderenti all’USI e sconfiggendo la frazione interventista guidata da Alceste De Ambris.Nel dicembre 1915, dopo avere scontato una condanna a 6 mesi per attentato alla libertà del lavoro, fu chiamato sotto le armi e inquadrato nel 91° Rgt. Fanteria di stanza a Sondrio.Il 10 maggio 1917 fu sorpreso a ritirare in un caffè di Sondrio due copie del giornale “Sempre guerra di classe”. In seguito anche all’intercettazione di una lettera contenente alcune considerazioni in merito alla conferenza di Stoccolma, fu tratto in arresto e destinato in Libia, ma durante il trasferimento coatto, a Bologna, fu raggiunto da un mandato di cattura del Tribunale di Guerra del XXIV Corpo d’Armata e condotto nelle carceri di Pradamano (UD).Benché il Pubblico Ministero avesse chiesto per lui una condanna a 5 anni di carcere militare, Alberto Meschi fu assolto per non aver commesso il reato di tradimento. Spedito al fronte, fu catturato dagli austriaci e internato in un campo di concentramento sui Carpazi. Rilasciato dopo la fine del conflitto, riprese il lavoro e l’attività sindacale, ma a seguito di ripetute aggressioni da parte degli squadristi di Renato Ricci dovette emigrare in Francia, dove collaborò con la Lega per i diritti dell’uomo (LIDU).Allo scoppio della guerra civile spagnola attraversò i Pirenei e, alla non più verde età di 57 anni, si arruolò nella colonna “Ascaso”, con la quale combatté fino alla caduta della Repubblica. Riparato in Francia fu internato nel campo di raccolta di Noé, in Alta Garonna, dal quale riuscì a fuggire alla fine del 1943.Dopo la fine della guerra fu incaricato di dirigere la Camera del Lavoro di Carrara, dedicandosi alla pubblicazione del foglio sindacale “Il Libertario”, fino alla morte avvenuta l’11 dicembre 1958.
UGO DE GRANDIS, Guerra alla guerra! I socialisti scledensi e vicentini al “processo di Pradamano” (luglio-agosto 1917), Centrostampaschio, Schio 2017